Friday 16 July 2021 - Saturday 31 July 2021
Opening: 16 July, 7 pm - Meet the artists
Time: 4 pm - 7 pm
Venue: Etherea Art Gallery
Palazzo Ducale - Piazza Giacomo Matteotti, 9, 16123 Genova GE
Artists: ARTOLDO (Sara Ferro + Chris Weil)
7 channel Video Art installation featuring more than 100 Moving Images Arts.
Il Castello Raggio, già badia, già villa, già polveriera, fu eretto su un promontorio con vista, a Ponente, sui cantieri navali sestresi della navigazione generale italiana, maggiore complesso armatoriale d’Europa, vanto per molti, fosse solo per sentimento d’appartenenza della classe lavoratrice, figurarsi per quello padronale. Un areale che promette aeroporti e altre amenità purché fossero magnifiche sorti et progressive. A Levante sullo sfondo la Lanterna, vestigia mai dismessa, più a fuoco, impianti costieri a ciclo integrale. Nacque liberty - strizzando l’occhio al triestino Miramare - di un politico imprenditore, reggente di un crescente impero d'acciaio a fusinare a vista anche per lui appoggiato alla balaustra sulle onde. Un belvedere dunque, in ogni senso lo si pigliasse. Dopo aver ospitato un po’ di belmondo e prima di diventare per rappresaglia dormitorio per forze d’occupazione che per revange della storia poi proprio dai piedi di quel promontorio saranno cacciate prima di tutte, sarà fatto saltare in aria.
Lì attorno i pescatori, categoria a finire, in armonia coi bagnanti, sanno tutti che sono in bilico tra l’atavico e il nuovo che incombe e si porterà via le belle giornate in spiaggia e il loro lavoro di sempre, dando occupazione diversa, ma non più diversivi, facendo del quartiere delle ville fuori porta un primato d’altoforni, la biancheria stesa al sole tra i palazzi sarà la cartina di tornasole dello scotto del passaggio, voluto o no da tutti, torna o sole, abbasso il forno. Ponente genovese ridotto a rumentaio della città, i benpensanti di là, a molti chilometri, forse son passati un giorno lontano da Sestri e Cornigliano, la puzza al naso naso, non a caso loro non abitano qui e questa non è la vera Genova, solo delegazioni, dando la colpa al sogno della Grande Genova, che colpevole è, ma non meno di quelli che cent’anni dopo fanno ancora del bipolarismo urbano scudo di vite più altolocate.
Un Castello del mondo urbano ancora rurale sì già industriale che ruba il mare con le sue reti, irretendo, al motto del progresso, chi dorme il futuro non piglia pesci, che è uguale a dire che in futuro chi progredisce in nome del progresso di pesci non ne prenderà più. Si tratta sempre di chi definisce cosa, i vari Raggio, i vari Oscar Sinigaglia con placido benestare di Einaudi e buona pace di tutti. La nostalgia prolifera laddove campagna e idillio incontrano il male minore, allora la fabbrica, certi territori son segnati, soprattutto se non son né carne né pesce. Come quelle delegazioni a fin de siècle, relegate dove tramonta il sole, non più villaggio, nemmeno davvero città. Suburbia della Superba, là dove c’era l’erba e l’acqua.
Finis terrae, finis Genuae. I bagnanti, rimasti fin che asciuga all’ombra dell’ultimo sole alto sullo splendente castello che non gettava ombre sul Vangelo del progresso, non lo abbandoneranno nemmeno quando lì sotto tuoneranno le palle dei cannoni gettate a mare, manovre militari a(N)saldo della guerra, che fan tremare le vene ai Raggio - che riparano presso altri lidi retroterra tanto in fondo alla campagna -, affreschi si staccheranno dalle pareti lasciando tutti di stucco benché sotto le bombe. Bagna acciuga, su quel mare scuro, on a solidarity beach dove venivano fino i milanesi, tutti appesi ad un filo di salsedine, ad oltranza per [poi] non tornare più.
Terminate la sue vicende terrene, l’esistenza del castello ormai ombra di sé stesso, abbandonato, depredato, fatto esplodere, continua ad essere un fatto sociale nella memoria appunto così detta sociale, che a seconda di come è di volta in volta incarnata ed espressa dal singolo, emanerà una rappresentazione diversa. Rappresentazioni che sono raggruppabili in categorie - proprio come negli studi sociali, gli individui in gruppi - e ne rappresentano la visione del mondo, la Weltanschauung. Ecco come la memoria si regge, i reggenti siamo noi, sovrani del nostro destino almeno nella raffigurazione, quando il gioco delle forze sociali si fa duro e non da più gioco. Emanazioni mentali rette su memorie, irradiano raggi di luce, a volte anche oscura, comunque fulgenti, rifulgenti, sfolgoranti, raggianti.
Il Castello dunque permane, fosse solo nella memoria collettiva e come lì forse anche altrove come possibilità. Come alternativa. Ad arricchire la fenomenologia delle realtà alternate. Come ipotesi, ipostasi controfattuale. Storia e controfattualità. Come in un romanzo di Philip K. Dick, The Man in The High Castle, in cui esiti alternativi a vicende storiche, umane troppo umane, sono tutte ad un tempo possibili, perché se la realtà supera la fantasia, come la si mette con il fatto che realtà ed irrealtà sono la stessa cosa coincidendo? Le coincidenze sono di rado l’eccezione nei mondi paralleli in cui il castello continua la sua esistenza.
Quali sono le sembianze del Castello Raggio nelle realtà alternate? È questa la domanda a cui Sara Ferro e Chris Weil del duo ARTOLDO cercano di dare risposta nell’ambito della mostra I reggenti raggianti del Castello Raggio presso Etherea Art Gallery di Virginia Monteverde.
In sette galassie che gli schermi, come in un esperimento di fisica rendono visibili - ne costituiscono la cartina di tornasole di cui si diceva - si aprono allo spettatore i mondi retti dalla memoria collettiva. In ognuno di questi mondi valgono leggi fisiche e sociali diverse. In alcuni lo spettro luminoso si rispecchia in una moltitudine di colori accesi e fulgidi, in altri prevale la fantasmagoria di forme in continuo uscire ed entrare da sé stesse ad continuum, in molti pulsa qualcosa, che sia il ritmo dato dalla velocità del movimento o il balenio del ricordo, in tanti l’atmosfera è data da colori invertiti come in un negativo di pellicola fotografica. Ombre e luci, come della realtà sociale quando si fa politica, forti contrasti, polarità, inversioni di rotta, rivolte.
Inoltre il tempo oltre ad essere relativo è anche soggettivo. In certi mondi trascorre più lentamente, sembra quasi fermarsi del tutto, in quelli vicino al contrario scorre veloce, tra rapide accelerazioni.
Il gioco delle alternanze tra gravitazione e deformazione delle prospettiva di dentro e fuori è metafora del proprio sé nelle vite passate e future. Anche quando il momento appare lo stesso, lo stesso si differenzia sempre dal nuovo così che il déjà-vu diventa esperienza collettiva dei bagnanti. Ogni mondo si compone di cinque sensi - numero simbolizzato dalla ripartizione sullo schermo - che influenzano le emozioni nel ricordo. Sentimenti che non potrebbero essere più diversi, come l’universo e la vita stessa, eppure raggruppabili, perché l’uomo è sempre lo stesso. Il Castello sta nel mezzo del nostro punto di vista, a volte di lato, a volte si sdoppia, a volte estroverso, a volte si chiude su sé stesso, a roccaforte dei bagnanti, quartier generale di una resistenza contro gli obbrobri perpetrati in città. A sguardo prospettico corrisponde un diverso senso della realtà, presente, passata, futura.
Siccome niente può essere più veloce della luce, in questa mostra ci raggiungono solamente i frammenti delle proiezioni dei diversi mondi, il suono stesso si perde nel viaggio attraverso il cosmo già nell’atmosfera, giacché l’universo non ha acustica e con ciò eco e rumore. Così che al visitatore non rimane che lasciare andare la fantasia nel chiedersi cosa avessero potuto pensare e dire le persone in quei diversi mondi della reminiscenza, come avessero esperito o esperiscano ancora il momento dell’essere davanti a quel Castello nella permanenza e transienza di questo, anche quando l’edificio non esiste più nel nostro mondo. Un collage di ricordi.